Tra le crisi che dovremo affrontare nel prossimo futuro c’è anche quella demografica.
Nel Vecchio Continente le cose non andrebbero tanto male, perché sta calando il numero medio dei figli per donna (tasso di fecondità totale; soprassediamo qui sul perché questa decrescita sia un segno di grande civiltà, anche se ciò è sempre molto impopolare e malvisto dal mainstream comune dominante). Purtroppo però, appena alziamo lo sguardo dal nostro ombelico e focalizziamo l’altra sponda del Mare Nostrum, ci rendiamo conto che il Continente Nero nei prossimi 30 anni avrà un incremento demografico dirompente: nel 2050 la popolazione africana raggiungerà i 2,5 miliardi, con il 43% meno di 15 anni ed un’età media di 19 anni; a fine secolo quasi la metà della popolazione mondiale sarà africana. Quindi, a meno di rivoluzionare le nostre relazioni internazionali, si prospettano scenari futuri di grandi tensioni socio-economiche, determinate soprattutto dalla prossima spinta migratoria verso l’Europa, molto più consistente di quella attuale, accentuata anche dal cambiamento climatico. Tra qualche anno, per arginare il problema, non basteranno certamente i respingimenti e nemmeno l’aumento degli aiuti economici internazionali (“aiutiamoli a casa loro”): se lo facessimo sarebbe come accorgersi di viaggiare sul treno sbagliato e cercare rimedio correndo lungo il corridoio nella direzione opposta. Per gestire in modo sostenibile queste dinamiche demografiche, bisogna creare al più presto nuove prospettive di sviluppo sostenibile, inedite per tutta la regione Eu-ME-NA (quella cioè composta da Europa, Medio Oriente e Nord Africa, che gravita attorno al Mediterraneo).
Desertec è un progetto inedito che venne lanciato nel 2009 dal Desertec industrial initiative (Dii), un consorzio internazionale composto soprattutto da imprese tedesche. L’obiettivo visionario originale di Desertec era utilizzare l’energia rinnovabile delle regioni che ne dispongono maggiormente (come il sole o il vento presenti nei deserti africani), per trasformarla in energia elettrica e trasferirla verso i centri di consumo (come le città europee). Desertec perciò aveva previsto la realizzazione di una super-rete di elettrodotti, estesi attorno al Mediterraneo, alimentati da moltissimi impianti solari, eolici, idroelettrici, geotermici, ecc. A destare un interesse particolare era l’immagine di un inedito sviluppo internazionale, sostenuto dall’energia rinnovabile disponibile nei grandi deserti. Sebbene il progetto originario di Desertec avesse soprattutto intenti di sviluppo sostenibile, dopo il 2014 alcuni media tedeschi iniziarono a parlare del “fallimento etico” del consorzio Dii, accusandolo di alimentare gli appetiti neo-coloniali dell’Europa e ipotizzando nuove forme di sfruttamento dei paesi poveri da parte delle ricche multinazionali dell’energia. Nonostante quelle accuse ad oggi però il consorzio industriale ancora non è sparito; anzi sta cercando di rinnovare il progetto Desertec. Cornelius Matthes, l’amministratore delegato di Dii sostiene che Desertec 2.0 potrebbe servire a lanciare lo sviluppo sostenibile soprattutto del Medio Oriente e del Nord Africa. Dii perciò ha trasferito la propria sede da Monaco di Baviera a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, per cercare d’incrociare meglio le esigenze locali d’energia e di lavoro. Il consorzio ora è composto da organizzazioni pubblico-private provenienti da 25 paesi, con molte più società dell’area ME-NA. Nella sua ultima versione il consorzio ha sviluppato anche funzioni di ricerca ed è formato da università, istituzioni governative, multi-utility, per promuovere in aree ME-NA diverse attività innovative, come la produzione industriale dell’idrogeno verde, lo sviluppo di centrali solari ed eoliche ad alta efficienza, ecc.
Così il progetto Desertec rinnovato potrebbe offrire alle popolazioni locali delle aree magrebine e mediorientali, molte opportunità di lavoro qualificato, ponendole al centro dello scacchiere internazionale, non solo sotto il profilo strettamente energetico, ma anche socio-economico e, forse, culturale. La gestione unitaria dell’incombente crisi che riguarda il Bacino Mediterraneo, tutto sommato una parte relativamente piccola del nostro pianeta, potrebbe rivelarsi un caso esemplare di transizione ecologica, per tutta la Terra.
“Dietro ogni problema c’è un’opportunità” (Galileo Galilei).