Pitesai e Pniec: la prossima volta fateli fare a chi è capace!

Con la mappatura delle zone idonee a realizzare i grandi impianti energetici tutti i nodi vengono al pettine.
Pitesai è l’acronimo di “Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee”: il titolo assurdo ed incomprensibile di un Piano nazionale, rocambolescamente approvato ieri dal Ministro della Transizione Ecologica, che individua le aree dove si possono svolgere attività di ricerca, prospezione e coltivazione degli idrocarburi. Nella mappa del Piano sono indicati in azzurro gli ambiti in cui si può trivellare, a terra o a mare, fino al confine delle acque territoriali Italiane.
PitesaiIl Pitesai è entrato in vigore solo ora, dopo che ben quattro anni fa venne lanciato da una norma specifica (anch’essa dal titolo bizzarro, se pensiamo al tempo impiegato per approvarlo): “Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione”.
Oltre al brutto titolo il Pitesai è carente anche per i suoi contenuti: nonostante il lungo periodo di gestazione è pieno zeppo di difetti e contraddizioni. Per rispettare la normativa e definire gli ambiti compatibili con le trivelle il Pitesai avrebbe dovuto considerare tutte le caratteristiche ambientali (con particolare riferimento all’assetto idrogeologico), oltre che sociali, industriali, urbanistiche. In mare il Piano avrebbe dovuto considerare le rotte marine, la pescosità e l’interferenza sulle fascie costiere. Ma subito guardando la mappa, chiunque abbia un minimo di cultura, si rende immediatamente conto che tra i territori idonei (in azzurro) ci sono quelli meni indicati di tutti: lungo la fascia costiera nord-adriatica, dove l`abbassamento del suolo determinato dalla coltivazione dei giacimenti di metano (subsidenza) sta causando l`erosione delle spiagge e mette a rischio la maggiore filiera turistica europea (Laguna Veneta, Romagna, ecc.). Oltre a questo ci sono diversi altri ambienti sensibili che il Pitesai non ha tutelato (insediamenti, parchi e riserve naturali, ecc.). In pratica per definire le zone idonee all’attività petrolifera il Ministero della Transizione Ecologica (la Commissione tecnica VAS-VIA) non ha rispettato la normativa, applicando soprattutto i criteri dei petrolieri: le zone per trivellare sono quelle dove ci sono giacimenti.
Il Pitesai in pratica è stato approvato in uno scenario completamente diverso da quello in cui venne previsto nel 2018: i ritardi accumulati lo hanno reso obsoleto subito appena approvato; lo stesso avvenne nel 2020 con il Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec; venne disconosciuto da tutti in pochi giorni dopo l’approvazione, perché inadeguato ed incompleto). Per la transizione energetica serve una visione più lungimirante ed integrata. Per rimediare a questi errori strategici ora bisognerebbe aggiornare velocemente il Pniec, che per definizione dovrebbe essere “integrato” sia con il Pitesai, sia con la mappatura degli ambiti sensibili, non idonei ad accettare le infrastrutture e gli impianti energetici (centrali, elettrodotti, gasdotti, sistemi di accumulo, ecc.).

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