Gli aumenti del gas e della corrente elettrica li tocchiamo tutti con mano e sono ormai sulla bocca di tutti. Molti sindaci italiani il 10 febbraio hanno protestato spegnendo simbolicamente l’illuminazione pubblica per alcuni minuti. Ma di chi è la colpa?
L’energia è nodale per cui il suo rincaro provoca a catena incrementi di costo in tutti i settori, dai beni essenziali, come gli alimentari, fino ai prodotti industriali ed i servizi, come l’illuminazione pubblica. Aumenta anche l’inflazione che in Italia a gennaio ha raggiunto l’1,6% ed il 4,6% su base annua, il valore più alto da 26 anni. L’inflazione è una sorta di “tassa occulta per i poveri” che rende ancora più difficile il loro bilancio. Sui mass-media si sprecano le ragioni e le soluzioni, ma la confusione è grande, perché la paura di una ulteriore crisi economica confonde le idee.
Serve perciò un po’ di chiarezza. Il rincaro dell’energia elettrica dipende da quello del gas naturale che, come tutte le fonti energetiche fossili, scarseggia sempre più. La scarsità progressiva ineluttabile del gas naturale è peggiorata dalla crescente domanda proveniente dalla Cina e dell’India, in pieno boom economico. I grandi produttori di gas naturale (Australia, Russia ed Nord-America) si orientano, com’è logico, verso i mercati che considerano più redditizi: Asia e Sud-America. L’Europa, nonostante i proclami a favore della Transizione energetica, è ancora quasi totalmente dipendente dai produttori esteri (90% per il gas e 97% per il petrolio). Su tutto ciò si è innestata la crisi politica in Ucraina, per cui si potrebbero interrompere le forniture di gas provenienti dalla Russia.
In questa tempesta perfetta che incombe sui mercati dell’energia fossile l’Italia annaspa per cercare di ridurre, almeno in parte, il peso dei costi energetici. Il Governo “dei Migliori” ha approvato un primo decreto antirincari che prevede diverse misure palliativo: l’azzeramento degli “oneri di sistema”, cioè le tasse per le aziende, la riduzione dell’IVA, il potenziamento dei bonus sociali per i meno abbienti. Ma tutto ciò non basterà e con l’inflazione aumenteranno i rischi di povertà energetica, oltre che i rischi di chiusura per le imprese più energivore.
Per il nostro Paese del Sole, che importa il 90% dell’energia utilizzata, servono interventi strutturali capaci di renderci meno dipendenti dalle fonti di energia fossile. La transizione ecologica-energetica è urgente proprio per questo motivo. Ma siamo in ritardo ed il traguardo è ancora molto lontano. A breve termine per scongiurare ulteriori scompensi economici-occupazionali-sociali speriamo nei caldi della primavera. A medio termine c’è un’unica strategia: sobrietà nei consumi e sostituzione dei consumi fossili con le fonti rinnovabili. Questa transizione dovrà interessare tutti, sia le grandi organizzazioni che le singole persone: “non sei mai troppo piccolo per fare la differenza” (Greta Thumberg)